Crisi anidride carbonica: perché manca nell’industria alimentare?

La CO2 è un composto naturale essenziale per processi biogeochimici del nostro pianeta e, nonostante spesso se ne parli con accezione negativa in relazione alle emissioni e all’inquinamento atmosferico, è fondamentale per diversi settori industriali: fra i principali, quello dell’industria alimentare.

Tuttavia, negli ultimi mesi abbiamo spesso sentito parlare di una crisi dell’anidride carbonica, che sta causando parecchie difficoltà ai produttori di bevande gassate e, in generale, a tutta l’industria alimentare. Ma quali sono le cause? Scopriamolo in questo articolo.

 

Anidride carbonica nell’industria alimentare: a cosa serve

La CO2 viene utilizzata in diversi ambiti nel settore alimentare, sia in forma gassosa, sia in forma liquida e solida.

L’utilizzo più noto, di cui si è parlato spesso nelle ultime settimane è quello per la produzione di bevande gassate (acqua frizzante, bibite, birra, ecc.).

Tuttavia, esistono molti altri utilizzi dell’anidride carbonica. Uno dei principali è quello del confezionamento in atmosfera protettiva: un’operazione che ha come obiettivo quello di allungare la vita dei prodotti alimentari e consiste nell’eliminazione dell’aria all’interno della confezione e nella sua sostituzione con un gas o una miscela di gas.

Un altro ambito in cui viene molto utilizzata è quello della surgelazione o quello della termoregolazione degli impasti alimentari. In quest’ultimo caso l’anidride carbonica (additivo alimentare E290) viene introdotta direttamente, entrando in contatto con gli alimenti e gli ingredienti presenti nel mixer, nella sua forma solida come ghiaccio secco, o come neve carbonica da CO2 liquida. Infatti, le basse temperature rallentano il deterioramento degli alimenti e ne consentono una più lunga conservazione.

L’anidride carbonica solida (ghiaccio secco), poi, viene utilizzata per trasportare gli alimenti deperibili: raggiungendo i  -78,5°C, consente di mantenere a lungo le basse temperature.

 

Crisi anidride carbonica nell’industria alimentare: i casi Sant’Anna e Menabrea

Come abbiamo detto, nelle ultime settimane, si è parlato molto della crisi anidride carbonica in relazione alla produzione di bevande gassate.

A fare molto scalpore, lo scorso luglio, l’annuncio di Acqua Sant’Anna, il più grosso produttore europeo di acque oligominerali, che ha fermato le linee di produzione dei prodotti gassati per mancanza di anidride carbonica. “La Co2 è introvabile e anche tutti i nostri concorrenti sono nella stessa situazione. Siamo disperati, è un altro problema gravissimo che si aggiunge ai rincari record delle materie prime e alla siccità che sta impoverendo le fonti.” – aveva commentato Alberto Bertone, presidente e amministratore delegato di Acqua Sant’Anna.

A risentire dei forti ritardi delle consegne di CO2, c’è anche uno degli iconici marchi italiani di birra, Menabrea. Infatti, a fine settembre, l’azienda ha dovuto chiudere il proprio stabilimento di Biella per 24 ore per far fronte all’assenza di anidride carbonica, elemento fondamentale per la produzione della bevanda. I ritardi sulle consegne, data la crisi e soprattutto a causa della guerra in Ucraina, si sono fatti sentire tanto da portare alla chiusura degli impianti.

 

Crisi anidride carbonica nell’industria alimentare: le cause

La CO2 che solitamente viene impiegata per rendere gasate acqua e bibite deriva soprattutto dagli impianti che la ottengono come prodotto di scarto. Deriva, infatti, da altre lavorazioni in ambito chimico, nella preparazione di fertilizzanti oppure di altri composti chimici. In Italia, uno degli impianti più importanti per la produzione di anidride carbonica per il settore alimentare è lo stabilimento di Ferrara della società YARA. L’impianto produce ammoniaca e urea, dai quali scarti si ricavano grandi quantità di CO2. Questa anidride carbonica, invece di essere dispersa nell’atmosfera viene trattenuta, liquefatta ad alta pressione, controllata raffinata dalle aziende di produzione e distribuzione gas tecnici e poi distribuita alle aziende del comparto alimentare.

Come altri impianti industriali chimici, lo stabilimento di Ferrara impiega grandi quantità di gas metano, una risorsa che negli ultimi mesi è diventata sempre più costosa a causa della forte domanda nella ripresa industriale dopo la pandemia e della guerra in Ucraina. Di conseguenza, l’impianto di YARA si è trovato costretto a fermare la produzione, ed al momento non è ancora nota la data di riapertura.

 

Conclusione

Come abbiamo visto, la crisi di anidride carbonica nell’industria alimentare è molto grave e porta parecchi rallentamenti e danni alle aziende coinvolte.

Tecnogas, società del gruppo Air Liquide, nonostante le difficoltà dovute a quanto sopra riportato è riuscita tramite fonti estere a non fermare i propri clienti che utilizzano la CO2 in forma liquida e in fora gassosa.

Inoltre, il servizio offerto dall’azienda è totalmente sostenibile, infatti Tecnogas garantisce la consegna in 48 ore su suolo lombardo e utilizza una flotta di trasporti green che rispetta e tutela l’ambiente. Per maggiori informazioni sui prodotti, non esitare a compilare il form che trovi qui.